convenzioni odontoiatriche

Per affrontare seriamente il tema delle convenzioni odontoiatriche, bisogna liberarsi da pregiudizi e credenze che minano la capacità di analisi e la progettualità.

La verità come sempre sta nel mezzo, e allora è giusto affermare che l’ideale sarebbe gestire con equilibrio il delicato mix economico e clinico che le convenzioni richiedono.

Ma è solo partendo dagli estremi che si riesce a focalizzare l’argomento e definire correttamente il proprio posizionamento nel contesto.  Per questo esamineremo rapidamente la suddivisione degli schieramenti che vedono da una parte i sostenitori e dall’altra i detrattori  delle convenzioni odontoiatriche.

 

I DETRATTORI DELLE CONVENZIONI ODONTOIATRICHE

All’estremo felice della categoria ci sono i dentisti affermati, quelli che hanno avviato la loro attività negli anni d’oro dell’odontoiatria, quando la concorrenza era prossima allo zero, pressione fiscale ridottissima, il costo del lavoro contenuto, il contenzioso medico-legale di fatto inesistente e la libera professione era molto profittevole oltre che veramente “libera”.

In quei tempi all’odontoiatria si dedicavano le menti di risulta della medicina più nobile ed in poco tempo acquistavano un prestigio tale tra i pazienti che ci avrebbero campato di rendita per i decenni successivi.

Quella categoria oggi si ritrova con le casse piene ed un bacino di pazienti che non basterebbero tre vite di un giovane dentista per essere eguagliati. In altre parole, si tratta di coloro che possono permettersi il lusso di schifare le convenzioni, magari alzando impropriamente la bandiera della qualità e del decoro professionale.

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I SOSTENITORI DELLE CONVENZIONI ODONTOIATRICHE

All’estremo opposto troviamo  gli ultimi arrivati, per intenderci quelli che per aprire lo studio hanno sottoscritto un mutuo (sempre che qualcuno gliel’abbia concesso…) e hanno contratto un debito tale che il tenore di vita delle loro famiglie di destinazione e, magari, anche di quelle di provenienza, resterà segnato per lunghissimi anni.

Costoro non hanno ancora una dimensione sociale nella comunità dei colleghi e si ritrovano ad affrontare, proprio nella delicata fase di start-up dell’impresa, la concorrenza al ribasso più agguerrita sia in termini di competizione professionale che di competizione per le risorse economiche disponibili sul potenziale mercato.

È chiaro che per questa categoria non ci sono rendite di posizione e, molto spesso, l’unico modello di organizzazione col quale si sono confrontati è quello dei “dentifici industriali”, ovvero la gran parte della grossa distribuzione odontoiatrica, l’unica che gli ha concesso di approcciarsi al paziente dopo la laurea sui manichini.

La convinzione è che l’intero ciclo produttivo e organizzativo dello studio sia improntato al modello dei low cost e del convenzionamento con il terzo pagante, le uniche due porte che hanno trovato aperte iniziando il cammino.

 

CHI HA RAGIONE SULLE CONVENZIONI ODONTOIATRICHE? 

La risposta è quasi scontata: nessuno ha ragione o torto. La verità sta nel mezzo, come si diceva all’inizio. La convenzione si potrebbe definire come una “vox media”. Non contiene giudizi di valore, può essere buona o cattiva a seconda delle circostanze in cui la si esamina e dall’uso che se ne fa.

Proviamo ora a fare una breve panoramica di queste circostanze e trarre delle conclusioni generali.

 

IL CONCETTO DI SATURAZIONE E LE CONVENZIONI ODONTOIATRICHE

Quando un dentista valuta l’opportunità di aderire ad una convenzione odontoiatrica, la prima cosa che deve fare è conoscere la percentuale di saturazione delle proprie unità produttive.

Assumendo che le unità produttive di uno studio siano le poltrone disponibili, la domanda è:

Tutte le poltrone del mio studio sono sature di pazienti per tutto l’orario di apertura dello studio?

In caso di risposta negativa bisognerà porsi la domanda successiva.

 

PERCHE' LE POLTRONE NON SONO SATURE?

Ci sono diverse ragioni. Quella principale non è rappresentata dalla crisi o dalla scarsità di pazienti in generale o dalla concorrenza, quanto piuttosto dalla scarsa organizzazione interna dello studio.

Molto spesso il personale non è adeguatamente preparato per rendere produttiva e satura l’agenda degli appuntamenti oppure la gestisce con strumenti obsoleti. Ma questo è un altro discorso.

Quello che ci interessa qui è il caso, più raro ma altrettanto importante, di uno studio con scarsa affluenza di pazienti e quindi ore/poltrona vuote. Questa situazione dovrebbe indurre il titolare di uno studio a valutare l’accesso ad una convenzione con terzi paganti

Basti sapere che, se lo studio non è saturo e non è saturabile per altre vie, allora dev’essere tentata anche la strada delle convenzioni.

 

DUNQUE LE CONVENZIONI ODONTOIATRICHE VANNO SEMPRE BENE?

Assolutamente no. È importante avere un metodo di valutazione e applicarlo alle opportunità che si presentano di volta in volta. 

Riassumendo: uno studio con poltrone vuote ha sempre interesse ad accedere alle convenzioni solo se le prestazioni eseguite in regime di convenzione producono risultati economici positivi per lo studio. Osservazione talmente ovvia da risultare banale. 

Ma il vero problema è un altro: in base a quale parametro si giudica se le prestazioni “producono risultati economici positivi” ? Qual è l’indicatore di convenienza economica ad eseguire una prestazione o una serie di prestazioni?

Esiste un calcolomolto semplice che indica al dentista se l’accesso ad una determinata convenzione è economicamente conveniente o meno per il suo studio. L'unica condizione è conoscere approfonditamente il proprio studio.

 

CONVENZIONI ODONTOIATRICHE E MARGINE DI CONTRIBUZIONE

Il parametro di cui stiamo parlando è il margine di contribuzione. È conosciuto in tutto il mondo con questo nome e viene applicato in qualsiasi settore produttivo del mercato, sanità compresa. 

Inutile dire che il 99% dei dentisti ignora cosa sia il margine di contribuzione, mentre le controparti in una trattativa di convenzionamento lo conoscono perfettamente.  

In estrema sintesi, si può affermare quanto segue:

Una prestazione eseguita in convenzione genera economie positive in uno studio dentistico quando il suo margine di contribuzione è positivo e non quando genera un guadagno.

Al contrario: 

Una prestazione con margine di contribuzione uguale o inferiore a zero, non solo non genera economie positive ma è dannosa per lo studio che la effettua.

 

Più approfonditamente si può affermare che: 

Le convenzioni con un listino di prestazioni il cui margine di contribuzione medio sia negativo non dovrebbero essere accettate neanche se la poltrona è vuota: meglio chiudere lo studio che generare debiti.

Al contrario: 

Le convenzioni con un listino di prestazioni il cui margine di contribuzione medio sia positivo dovrebbero essere sempre accettate in uno studio con poltrone non sature.

 

CONCLUSIONI

Una strategia di sviluppo ideale dello studio dovrebbe prevedere una gestione intelligente di entrambe le componenti di attività: quella privata in senso stretto e quella convenzionata, indipendentemente dal terzo pagante

Un sistema di gestione efficace dello studio è quello che consente di adottare modelli e procedure che rimangano sempre al di sopra della soglia minima di qualità accettabile della prestazione professionale, di salvaguardare il valore assoluto del rapporto personale con il paziente, ma di dare sempre garanzie di profitto su tutte le prestazioni eseguite. 

Il cosiddetto “sistema misto” è già oggi (e lo sarà ancor di più in futuro) l’unico in grado di produrre flussi di cassa basali costanti nel tempo, affrontare con una certa sicurezza sia i picchi positivi di lavoro che improvvise flessioni della produttività.


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